Storia e sindacato/ La memoria viva nelle nuove generazioni di lavoratori ✍️Domenico Stimolo

“Ieri, oggi, domani” è la nuova rubrica storica del sito della Fiom Catania. Brevi storie ( periodiche) di cronache democratiche, di lotte politiche e sindacali, con particolare riferimento alle vicende collettive che hanno riguardato la Fiom di Catania, e la Cgil territoriale, nel contesto siciliano e nell’intreccio tra sistemi produttivi e le strutturali mutazioni che si sono determinate nel movimento sindacale dall’inizio degli anni settanta del secolo scorso (direttamente nella mia esperienza e memoria), a partire, per necessità storiografica, dalla riconquista della Democrazia, dalla Liberazione dal potere dittatoriale del fascismo, già dai primi giorni dell’agosto 1943, quando le ultime truppe naziste lasciarono Messina verso le coste calabre.

Tra le tante drammatiche vicende di lotte del movimento dei lavoratori che hanno caratterizzato la nostra isola nella storia recente in questo momento è essenziale ricordare trai tanti – le molte decine dei sindacalisti uccisi della Cgil – Placido Rizzotto.

Pochi giorni fa si sono commemorati a Corleone, in provincia di Palermo, i natali – 110° anniversario – della nascita di Placido Rizzotto, coraggioso rappresentante delle classi popolari e da sempre sfruttate.

Partigiano a Roma dopo l’armistizio del’ 8 settembre 1943, e, successivamente, dopo la fine della guerra, ritornato in Sicilia divenne presidente dell’Anpi Palermo, poi segretario della Camera del Lavoro di Corleone e importante esponente in quel territorio del partito socialista. Quella fase fu caratterizzata dai grandi movimenti di lotta dei contadini (rappresentavano la grande maggioranza nella composizione sociale della Sicilia in quegli anni) per il riscatto, contro lo sfruttamento e la povertà che aveva caratterizzato la loro condizione di vita nel corsi dei secoli, contro i riccastri più o meno “nobili” e mafiosi, feudatari proprietari della stragrande maggioranza delle aree agricole (e non) della Sicilia.

Placido Rizzotto, da sindacalista integerrimo, in maniera eroica si mise alla testa delle lotte contadine nell’area del corleonese.

Rapito e ucciso il 10 marzo 1948 dalle potenti forze padronali-mafiose, il suo corpo fu ritrovato molti decenni dopo, il 9 marzo 2012, nelle impervie aree della Rocca Busambra. Il 24 maggio 2012 a Corleone si svolsero i funerali solenni, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Anche nelle nuove generazioni di lavoratrici e lavoratori catanesi la memoria deve vivere. Conoscere adeguatamente gli eventi passati, diventa necessario per l’elaborazione del proprio ruolo e impegno rivendicativo oggi, ma guardando al domani, a maggior ragione in una fase storica caratterizzata da strutturali cambiamenti tecnologici e da sempre più urgenti necessità sociali – specie nel Meridione dell’Italia – , e i rischi conseguenti ai cambiamenti climatici in atto.

E’ fondamentale, quindi, ricordare i grandi (e tragici) movimenti di lotta che attraversarono anche Catania, a partire dai fatti del luglio ’60.

Nella prima settimana del luglio ’60, la Sicilia fu attraversata da una lunga scia di sangue. Grandi manifestazioni popolari si svolsero nelle principali città isolane, così come avvenuto in molte città italiane.

Il governo Tambroni, un monocolore democristiano subentrato al dimissionario governo Segni, era in carica dal 25 marzo sostenuto dal decisivo appoggio parlamentare del’ Msi. Una situazione dirompente. A soli 15 anni dalla conclusione della Lotta di Liberazione i neofascisti erano ritornati in auge.

L’aspetto determinante della sdegno e della rabbia popolare fu l’indizione del congresso nazionale del’ Msi per il 2 luglio a Genova. Un vero e proprio oltraggio per la città medaglia d’oro della Resistenza. In città si svolsero diverse forti manifestazioni di protesta, indette dai partiti della sinistra e dall’ Anpi, con sciopero generale indetto dalla Cgil. Alla grande iniziativa del 29 giugno intervenne con un vibrante discorso Sandro Pertini (futuro Presidente della Repubblica). Durante l’immenso corteo del 30 giugno, aperto dai comandanti partigiani, avvennero scontri di notevole portata con la polizia. Il corteo, pacifico, fu attaccato dalle forze dell’ordine. L’obiettivo dei manifestanti era rivolto a non fare offendere l’onore democratico di Genova dal congresso dei neofascisti. Il 2 luglio la Camera del Lavoro indice un altro sciopero generale; lo stesso giorno il congresso fu annullato.

Nei giorni seguenti, dato il permanere del governo Tambroni, molte manifestazioni di protesta si svolsero nelle città italiane. Quasi tutte furono funestate da incidenti con polizia e carabinieri. A Reggio Emilia il 7 luglio il corteo con decine di migliaia di partecipanti fu caricato violentemente dalla polizia che spararono oltre 500 colpi di arma da fuoco. Cinque lavoratori furono uccisiLauro Ferioli (22 anni) Ovidio Franchi (19 anni, operaio), Emilio Reverberi (39 anni, operaio, ex partigiano), Marino Serri ( 41 anni, contadino, ex partigiano), Afro Tondelli (35 anni, operaio, ex partigiano).

In quelle giornate gravissimi accadimenti si verificarono in Sicilia. Le grandi manifestazioni che si svolsero in molte città richiedevano anche lavoro e giustizia sociale. Le condizioni di vita dei lavoratori, dei contadini e degli strati poveri della società siciliana, erano pessime. Sfruttamento, emarginazione ed emigrazione erano le caratteristiche principali che “qualificavano” gran parte della popolazione.

Tutte le manifestazioni, di notevolissima partecipazione popolare, furono caratterizzate dalla reazione violenta della polizia e dei carabinieri, che caricarono i cortei e spararono con tutti gli strumenti a disposizione e abbondante fu il sangue versato.

Il 5 luglio a Licata ( Agrigento) rimase ucciso Vincenzo Napoli, operaio di 25 anni. Cinque manifestanti restarono feriti in maniera grave.

L’8 luglio a Palermo restarono uccisi: Francesco Vella, 42 anni, sindacalista della Cgil; Giuseppe Malleo, 16 anni; Andrea Gancitano, 18 anni; Rosa La Barbera, 53 anni, casalinga; 36 manifestanti furono feriti da proiettili; 400 i fermati, 71 gli arrestati.

L’8 luglio a Catania , in piazza Stesicoro, rimase ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato dalla polizia Salvatore Novembre, giovane lavoratore edile di 20 anni, sposato da poco tempo (originario di Agira in provincia di Enna). Molti altri manifestanti rimasero feriti, anche da proiettili, alcuni in maniera grave. Quella mattina il concentramento dei lavoratori in sciopero generale era stato fissato in via Crociferi, nei locali della Camera del Lavoro di Catania.

In città c’era forte fermento di impegno civile e sociale. Fortissima la presenza delle forze dell’ordine in tutte le aree centrali della città. Nel corso della mattinata, da parte della polizia, fu data ai dirigenti della Cgil la notifica che vietava lo svolgimento del corteo. Scrisse successivamente Nicola Musumarra, giovane manifestante impegnato politicamente con il Pci, ferito gravemente alla gola da un proiettile , che la notifica fu affissa nel portone della Camera del Lavoro che era sbarrata poiché si temevano attacchi da parte della polizia.

Si determinò una situazione di forte e continua tensione dato il grande numero di manifestanti concentrati in diverse aree del centro catanese. Gli incidenti iniziarono nel corso del pomeriggio ai Quattro Canti (incrocio tra via Etnea e via di Sangiuliano). Decine di camionette della polizia si misero in azione a grande velocità, muovendosi contro i manifestanti, molti erano concentrati sui marciapiedi L’evento tragico si consumò in piazza Stesicoro, dove una consistente parte dei manifestanti era pervenuta dai Quattro Canti spostandosi allo Spirito Santo e quindi nella piazza. Oltre numerosissimi lacrimogeni da parte della polizia furono sparte molti colpi di armi da fuoco. Fu in questa fase che Salvatore Novembre, nella prima parte della sera, fu colpito mortalmente da un proiettile (a ridosso dei locali del’ex cinema Olimpia, oggi c’è il McDonald’s). Il suo corpo, senza vita, rimase sul selciato per diverse ore.

Il 13 luglio si svolsero i funerali con la partecipazione di decine di migliaia di persone. Presente tra gli altri Giorgio Napolitano (futuro presidente della Repubblica), in rappresentanza del PCI.

Il 19 luglio si dimise il governo Tambroni.

*Ex metalmeccanico Fiom, Rsu Sirti

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